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L'artista eclettico ed innovatore,

che incarna in sé lo spirito di libertà individuale,

enfatizza l'essenza genuina e sfaccettata dell'universo.

(Paola Carrozzo)

 
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IL GIARDINO DI ZAMALEK

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2009 14:17
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04/12/2009 14:17


IL GIARDINO DI ZAMALEK



Prefazione



Edna, una donna, un giardino nell'Egitto incantato

e pieno di mistero. Due uomini, un crocevia tra due

destini. Questo è Il giardino di Zamalek , di

Paola Carrozzo. La necessità di dover scegliere tra

condizionamenti sociali e percorsi prefissati da una

parte, la necessità di libertà ed autorealizzazione

dell'altra. Forse c'entra anche il bisogno d'amore?

Non è facile, ma ci sono momenti in cui si impone

una decisione. Situazioni non convenzionali in cui

tutto è possibile. Anche che colei che ti indichi

la via corretta da percorrere appaia e scompaia

come un disegno sulla sabbia, proprio come un

giardino incantato...





IL GIARDINO DI ZAMALEK.

Arrivati al Cairo, alloggiammo in un bell’albergo. Le nostre finestre davano sul Nilo che di notte prendeva un altro aspetto. Le luci di posizione dei barconi a vela che loro chiamano Feluche si riflettevano ondeggianti sulle acque scure del grande fiume. Quelle della città, la parte che si trovava oltre la riva destra, brillavano nel buio quasi a voler gareggiare con le stelle del firmamento. Regnava un’atmosfera d’infinita pace. Il cielo era terso, mentre la luna era calante nel suo ultimo quarto. Faceva molto caldo. Per fortuna, quella sera, un venticello ritemprante portava con sé il profumo degli Eucaliptus, unito al canto dei grilli e delle rane. Tutto questo mi fece rilassare dalle inquietudini del mio animo. Chissà cos’altro ci avrebbe riservato il nuovo giorno. Su quell’isolotto, il mistero ci attendeva. Ero così stanca che non ebbi il tempo di pensare ad altro e mi addormentai.
Il mattino dopo, facemmo colazione in albergo. Riordinate le idee e fatto un programma per la giornata, c’incamminammo per le strade di Zamalek. Scattammo alcune foto, ma del giardino nessuna traccia. Edoardo mi chiese se volevo continuare a cercare. Gli dissi di sì, perché questo era lo scopo del nostro viaggio. La stanchezza oramai iniziava a farsi sentire. Ad un incrocio, in fondo ad una stradina, scorsi un grande cancello verde in ferro battuto.
“Edoardo, guarda! Forse l’abbiamo trovato. Lo vedi?”
Analizzammo bene la cancellata da vicino per assicurarci che fosse quella. Aveva uno stemma con impressa la grande piramide di Cheope, ed era aperto. M’invase una gioia indescrivibile. Guardai Edoardo che mi sorrise.
“Su questo cartello c’è scritto che chiudono alle diciotto, abbiamo abbastanza tempo per visitarlo!” Esclamai.
Entrammo, era un giardino immenso. C’incamminammo lungo un viale fra alberi e piante d’ogni genere.
“Edna, ho fissato la data della nostra partenza per domani. Il lavoro m’aspetta! Senza contare che tu mia cara, devi pensare ai preparativi per l’inaugurazione della tua mostra personale. Non puoi scaricare tutta l’incombenza nelle mani di Anna. Inoltre, aspettano di vedere te per intervistarti!”
“Che cosa? Partiamo domani? Non ne sapevo nulla! Mio Dio! Ma cos’è questa storia?”
“Scusami Edna! Mi sono dimenticato di dirtelo. Sai come sono gli impegni di lavoro! E’ stata una decisione improvvisa!”
“Improvvisa? Non hai pensato a me? Sono venuta fin qui apposta! Volevi darmi una mano... ed ora, prendi tu le decisioni senza chiedermi?” Gli urlai.
“Mi dispiace Edna...”
Lo guardai piena di rabbia.
Un po’ più in là da dove ci trovavamo, c’era una fontanella in granito bianco, così, senza esitazione mi allontanai da lui con l’intento di bagnarmi il viso per ritrovare la calma.
Ero avvilita e infastidita da tutta quella fretta che aveva. Decisi pertanto, di proseguire da sola.
Mi sentivo quasi sperduta in quel parco così grande e fitto di piante! Lasciai in ogni modo, alle spalle quella discussione e mi feci accarezzare dalla luce che filtrava attraverso le foglie delle palme da datteri. Mentre camminavo, fui pian piano invasa da una leggerezza e da una serenità indescrivibile.
‘Che meraviglia! Questo luogo è il regno degli dèi!’, pensai guardandomi attorno. Il sole mi baciava il viso, e il vento alitava sui miei capelli neri accarezzandoli delicatamente.
Ad un tratto, mi sentii osservata. Una figura snella, mi guardava da lontano. Era una donna dall’aspetto gradevole che si stava dirigendo verso di me. Sembrava volesse avvicinarmi. Nello stesso tempo sentii nell’aria un dolcissimo profumo. Era quella la donna che stavo cercando?
“Mi sembri una persona molto felice!” Disse in italiano, sorridendomi.
“Non lo sono del tutto, signora! E’ la bellezza di questo giardino. Mi sono lasciata trasportare dall’euforia. Ho anche la netta impressione di conoscerlo questo luogo, di esserci già stata. Mi dica, come ha fatto a capire che sono italiana?”
“L’ho sentita poetizzare ‘è il regno degli dei’ sulla meraviglia del posto e sulla bellezza del cielo.”
Rimasi stupita dalla sua risposta. Com’era riuscita a sentirmi? Eppure, non avevo proferito parola!
“E’ qui in vacanza? Non l’ho mai vista da queste parti.”
“Sì, sono venuta insieme con un amico!”
“Si tratta forse del suo fidanzato?”
“No, è semplicemente un amico,” dissi. Poi, correggendomi: “E’ un pittore che ha esposto nella mia Galleria d’Arte per un paio di volte. Qualche giorno fa, si è offerto di accompagnarmi in questo mio viaggio. A dire il vero sarei partita da sola. Lui, però, ha tanto insistito che alla fine ho ceduto. E’ un bel giovane, dai lineamenti delicati, ma io non sono interessata a lui. Pensi che me lo sono visto piombare in Galleria, dopo alcuni anni che non si era più fatto vivo, sostenendo d’essere amico del mio fidanzato. Per questo motivo ha voluto aiutarmi nei preparativi della mostra che sto allestendo. Lui conosce molta gente importante nell’ambito artistico! Così, grazie alla sua notorietà ed ai suoi amici, potrò accrescere anche il mio successo. La serata d’inaugurazione avverrà una settimana dopo il mio rientro in Italia.”
“Come mai il suo fidanzato non è venuto con lei?” Mi chiese disinvolta.
Tirai un lungo sospiro di tristezza:
“Beh, ecco, è scomparso. È da un po’ che non ho più sue notizie, per essere precisa sono già passati due mesi.” Feci una piccola pausa. ”Ettore è il suo nome. Mi parlava sovente del Cairo e delle sue bellezze da scoprire e da dipingere, anche lui è pittore. Quanto mi manca! Mi scusi, forse la sto annoiando con la mia storia...”
“No, tutt’altro, era da molto tempo che non incontravo una persona così spontanea nel parlarmi di sé e della sua vita. Mi fa molto piacere ascoltarla, mi creda.”
“Posso chiederle se è lei la custode di questo magnifico giardino?”
“Ne sono la proprietaria, ma è aperto al pubblico. Ho dato tutta me stessa per tenerlo nello stato in cui lo vede, anche i miei ultimi risparmi. Quando la gente viene in questo posto, sembra dimenticarsi di tutti i problemi che ha, ed io non posso che esserne felice.”
“Lei è davvero una persona generosa! Ed io fortunata d’averla finalmente incontrata,” dissi.
“Perché, finalmente?”
"Mi scusi, ma in giro si dice che può prevedere gli avvenimenti futuri. E' vero?"
“Ah! Ora capisco, anche lei vuole sapere qualcosa di più della sua vita, e su cosa l’attende?”
“Non vorrei disturbarla, però, sì... sarei curiosa di conoscere il mio futuro. Magari sapere se Ettore...”
“Crede davvero che ciò possa essere possibile?”
Mi strinsi nelle spalle.
“La nostra vita è diventata una tale monotona routine, che possiamo quasi predire cosa accadrà fra un attimo o fra un anno,” dissi, “ma non possiamo andare oltre.”
“Sì, è vero” commentò. Poi, mi tese un laccio: “Stando quindi alle sue congetture, lei sa già in base ai suoi propositi cosa farà dopo esserci salutate?”
“Che cosa farò? Beh, sì. Vediamo... uscirò da questo posto meraviglioso, dispiaciuta di dover andarmene da qui. Lo farò sicuramente a malincuore, ma sarà così. Poi chiuderanno il cancello alle mie spalle e m’incamminerò per la solita strada, e penserò al nostro incontro, alle parole che ci siamo dette, finché non arriverò in albergo.”
“E cosa farà domani?” Mi chiese.
“Beh, prenderò l’aereo insieme al mio amico pittore e faremo ritorno in Italia. Pensi, me lo ha detto solo poco fa, che partiremo domani mattina. Probabilmente è stato chiamato d’urgenza da un cliente. Se fosse per me, rimarrei ancora qualche giorno. Avrei tanto bisogno di un po’ di tranquillità, e questo posto mi sembra l’ideale per rimettermi in sesto. Giunta in Italia, penserò alla mostra. Le confesso che i preparativi mi stressano alquanto. Per fortuna ho una cara amica che mi aiuta e...”
A quel punto, mi tolse le parole dalla bocca, “...e immagino che abbiate già preparato un programma per come dovrà svolgersi la serata d’inaugurazione! Sa già, quindi, come si sentirà quel giorno. Tesa come una corda di violino, inizierà a sentirsi ansiosa, come le altre volte, perché le incognite su ciò che si prevede, sono sempre in agguato. Immagino anche, che lei abbia già preparato le risposte alle solite domande che gli invitati ed i giornalisti potranno rivolgerle. Saprà già cosa indossare per l’occasione. Un abbigliamento non troppo appariscente. A lei non piace trovarsi in primo piano. Si sente più a suo agio in quel vestito di seta colore avorio. Un abito, semplice e lineare, scollato sul seno. Sua madre glielo regalò per la prima inaugurazione, quando diede inizio alla sua carriera di gallerista. E magari indosserà una collana stravagante, per esempio, con un ciondolo a forma d’occhio di tigre per dare un tocco d’eleganza creativa alla sua persona. In questo modo si sentirà più sicura di sé.”
Rimasi sbalordita! Era come se avesse visto nel mio passato. Sapeva perfino dell’abito di seta che mi aveva regalato mia madre e della collana!
“E’ così, Edna?”
“Non mi sembra di averle detto il mio nome.”
“E’ vero, ma poc’anzi, ho sentito il suo amico che la chiamava... io, sono Zìnab!”
“Zìnab, lei è incredibile! Sì, è proprio così. E’ riuscita a vedere più di quanto avevo immaginato sui suoi doni.”
“Rifletta,” proseguì, “se vogliamo che accada qualcosa, il cervello elaborerà quell’idea, esattamente secondo il nostro desiderio. Sarà in quel momento, che tutta l’energia che abbiamo, si concentrerà in quella direzione. In realtà l’essere umano è avido, non di uno ma di molti desideri. Questi purtroppo, c’imprigionano limitando la nostra capacità di percezione. E’ per questo motivo che ci si muove in uno spazio chiuso dove la maggior parte delle cose è prevedibile. Provi invece, per un momento, a guardare oltre a questo spazio, e si renderà conto di quanto potrebbe essere vasta la nostra conoscenza e, quindi, la nostra libertà di muoverci. Provi a pensare, senza paura, a qualcosa di mai tentato. Lasci libera la sua mente di credere o non credere in ciò che la circonda. Si liberi dal fare le cose che tutti, per abitudine, fanno. Si liberi dei suoi amuleti quotidiani. Non possiedono alcun potere magico. Non ripeta i soliti gesti per sentirsi più sicura, altrimenti rimarrà prigioniera della sua debolezza e della superstizione. Provi invece, ad essere diversa. Basterebbe cambiare una propria abitudine... ed allora da quell’istante in poi, la sua mente inizierà a ragionare e a chiedersi: ‘Che cosa mi succede? Perché mi sono lasciata trascinare dalle false credenze?’ A quel punto si entusiasmerà, perché scoprirà che qualcosa di nuovo le sta realmente accadendo. Edna, lei si sente condizionata, perché sa o meglio crede che non vi siano alternative di scelta, ‘così è, e così dev'essere’. Provi a riflettere prima di agire. In parte lo sta già facendo. Il giorno che riuscirà ad essere totalmente cosciente, vedrà che quello spazio attorno a lei, si dispiegherà all’infinito. Ora, purtroppo, lo fa solo quando dipinge.”
“Sì, è vero! Ora che ci penso è per questo che mi piace dipingere,” dissi.
“Nell’istante, però, che uscirà da questo giardino, sarà costretta a fare quello che gli altri le imporranno di fare, mi creda, è così! Per questo motivo, si sentirà soffocata e oppressa. In questo giardino si sente felice, ma la sua felicità terminerà quando chiuderanno il cancello. In ogni modo potrà sempre accontentarsi delle belle sensazioni che le ha regalato questo luogo e sentirsi ogni tanto felice ricordandolo.”
Sorrisi timidamente e un po’ confusa.
“Comunque vi sarà sempre un’incognita,” continuò la donna, “perché il futuro è soprattutto questo: un’incognita! Possiamo fare solo delle congetture! E sa perché? Perché l’imprevisto, pende sulla nostra testa, come la spada di Damocle. Basta un evento inaspettato, che subito si cade nel panico provocato dalla paura. In quell’attimo, subentrano realtà alterne alla nostra, e a noi sconosciute. Queste rompono il nostro schema abituale su cui facevamo affidamento. Di conseguenza la nostra mente andrà in confusione e si chiederà impaurita: ‘Cosa mi accadrà ora’? Segua il mio consiglio! Per esempio, provi per un attimo ad uscire dalle sue dipendenze atte a scongiurare le circostanze negative e faccia qualcos’altro da ciò che la sua mente si aspetta dal suo abituale modo di agire. Si sentirà, così, diversa dagli altri giorni e forse più felice.”
“Allora, mi sta dicendo che il segreto sta in questo: rompere lo schema abituale!” esclamai.
“Sì Edna, riesce a capirmi? Siamo noi a muovere il nostro Tutto. Sarà proprio lei a muovere la sua realtà. Immagini una spirale che, crescendo, s’integra ad altre parti e diventa sempre più grande ed avvolgente. Questa spirale ha un inizio, ma non una fine. Pensi per un attimo a cosa accadrebbe se solo riuscissimo ad oltrepassare quel recinto superando le nostre paure. Il fatto è che si ha paura di guardare un po’ più in profondità in noi stessi. Potremmo invece, scoprire che c’è un di più oltre a ciò che crediamo d’essere. Potremmo scoprire che esiste un’altra parte di noi nascosta, ma ben superiore!”
Mi strinsi nelle spalle.
“So che tutto ciò potrà sembrarle assurdo, ma deve diventare più ricettiva, ascoltare l’universo che la circonda, seguirne i suoi movimenti e le sue onde vibrazionali. La mente, quando è svincolata dai limiti spazio-temporali e dalle leggi imposte dal mondo nel quale viviamo, diventerà libera di agire con più immediatezza e in profondità. Vede Edna, una parte di noi nasconde dei poteri. Sono inibiti. Aspettano solo di essere attivati.”
“Si riferisce forse alla nostra parte inconscia?”
Zìnab annuì e disse: “L’altra realtà, quella che non vediamo con gli occhi fisici, è come un suono sordo quando si propaga in onde concentriche, dopo che lo zoccolo batte sulla sabbia. Ai nostri occhi è invisibile, ma esiste. Se lei lascia aperta la sua mente diventerà recettiva e riuscirà a vedere e ad ascoltare. Per questo, mi è facile spostarmi da un luogo ad un altro. Uso la forza del pensiero. E’ come se io saltassi da un’onda all’altra di quel suono. Ma c’è dell’altro oltre a questo.”
Improvvisamente mi ricordai del beduino e dei tonfi nella mia testa...
‘Inconsciamente attratta, vidi da lontano il beduino del mercato. Era sul dromedario in partenza per chissà dove. Da fermo, guardava nella mia direzione. Un'inconsapevole telepatia oppure un evento volutamente provocato? Con un gesto posò la mano sul petto, e chinando lievemente la testa, mi salutò. Anch’io lo salutai. Poi, restai per un po’ a contemplarlo, era una bella e caratteristica immagine da guardare, tipica di quei luoghi desertici. Avevo l’impressione di sentire quel suo odore, così forte e acre, e il respiro pesante su di me. Poi, il dromedario iniziò a muoversi nella sua lenta e ondeggiante andatura. Inspiegabilmente, rimasi frastornata dal suo bramito e da un assordante rumore che rintronava nella mia testa. Eppure erano così lontani! Sentivo rimbombare il tonfo dello zoccolo dell’animale, che sprofondava con tutto il suo peso nella sabbia. Quel suono era dentro la mia testa, ma non proveniva dalle orecchie. Un brivido attraversò il mio corpo e la pelle mi si accapponò per l’inspiegabile fenomeno.’
A quel punto la donna m’invitò a seguirla. Stavamo camminando lungo il viale quando, con un largo gesto del braccio, disse:
“Si guardi intorno, e mi dica che cosa vede, anzi, glielo dico io... lei vede una realtà tutta costruita a misura d’uomo. Le hanno raccontato che ho ammazzato il mio amante e che l’ho fatto in mille pezzetti, vero? La gente di qui, s’inventa qualunque cosa pur di non vedere oltre al mondo che li circonda.”
“So bene che sono solamente chiacchiere. Quando le persone non sanno cosa fare si divertono a sparlare.”
Era un argomento imbarazzante, così cercai qualcos’altro su cui conversare e le chiesi:
“Ma com’è che parla la mia lingua?”
“E’ stato mio nonno ad insegnarmela, anche lui è italiano. Un uomo che ha lavorato duramente nella sua vita trascorsa in questo paese.”
Arrivammo vicino ad una bellissima vasca in mosaico.
“E’ stupenda!” esclamai.
Mi ricordai del racconto di Ettore.
Bellissimi erano gli zampilli illuminati dai raggi del sole. Fuoriuscivano da una statua posta al suo centro che raffigurava una dea egizia. Ai quattro angoli di questa vasca rettangolare, vi erano anche dei serpenti Cobra, uno per ogni angolo. Erano di bronzo tendente al colore dell’oro brunito. Stavano arrotolati su se stessi nella tipica posizione di difesa. La loro testa si solleva diritta dal centro della spirale che formavano col loro corpo. Sembrava fossero stati attratti dal suono di un piffero, strumento molto usato in quei luoghi. Le bocche di quei quattro enormi “Cobra Reale” sputavano veleno. In realtà erano fili d’acqua cristallina, indirizzati verso il centro della vasca per bagnare a pioggia la dea. Passando vicino ad essi li accarezzai. Uno spettacolo indimenticabile! Mentre cercavo di ben memorizzare i mosaici di quella bellissima vasca, cominciai a percepire una presenza femminile.
Zìnab si sedette per terra, tirò fuori di tasca un sacchetto contenente della sabbia del deserto, e lo svuotò davanti a me. Poi accarezzò la sabbia per creare un tappetino uniforme e livellato, quindi lanciò in aria dei sassolini colorati che cadendo formavano su di esso un disegno geometrico. Sembrava che la sequenza e l’allineamento dei colori, avesse per lei un significato. Li contai, erano tredici sassolini colorati. La cosa mi divertiva molto. Stavo rivivendo la stessa scena, descrittami da Ettore quando anche lui le aveva chiesto del suo futuro. Ora ero sicura di aver trovato la donna che cercavo.
“Può predire al solo lancio di quei sassolini?”
“Non proprio.” Lei sorrise e continuò: “Questo è un gioco di magia antica. Si chiama Geomanzia. I tredici sassolini, in verità, non predicono nulla! La gente però, è superstiziosa, crede più nella falsa magia di certi oggetti che nella forza e nel potere del pensiero!”
“Non capisco, allora perché li usa?”
“Sono costretta a farlo. Spero che con questo mio giochetto, qualcuno si apra liberamente a me! Fingendo di predire il futuro attraverso questi sassolini, la gente ascolta e accetta senza esitare le mie parole e i miei consigli. Se invece, dico loro che sono una sensitiva, o mi deridono oppure mi considerano una pazza che vuole imbrogliarli.”
Avevo, in ogni caso, un macigno sul cuore! Pensavo continuamente ad Ettore, ed alla certezza che non sarebbe più tornato.
“Non sia così negativa! Sta a lei, Edna, ricostruire il suo futuro. Mi basta averla vicina, scrutarla negli occhi e ascoltare la sua voce per capire che lei si sente soffocare. Questo giardino, però, le ha regalato una nuova sensazione, un attimo di sollievo. E’ come se lei fosse entrata in un’altra realtà, non è vero?”
“Sì, è così... sono stupefatta per come riesce a leggere i miei pensieri! Come ha fatto?” Dissi intimidita e con un nodo alla gola. Temevo d’essere rapita e che, presto, mi sarei ritrovata in un’altra realtà!
La voce di Edoardo piombò improvvisa su di noi, proprio in quell’attimo di profondo dialogo, riportandomi alla realtà. Erano argomenti molto seri sulla percezione extrasensoriale e sui poteri spirituali.
“Ednaaaa! Dove sei?” Gridava. “Ednaaa! Mi vuoi rispondere?”
Le chiesi di incontrarla ancora e lei mi disse di sì, che l’avrei potuta incontrare lì, verso quell’ora!
“Però, non mi ha detto il significato del disegno creato dalla posizione dei sassolini... mi scusi, intendevo dire quello che lei ha visto nel mio futuro.”
“Non è importante saperlo! Si ricordi ciò che le ho detto, esca dal suo schema abituale.”
In quell’istante mi ripromisi che non avrei indossato quella solita collana durante l’inaugurazione della mia mostra. Ormai, indossarla, per me era diventato quasi un rituale. Non dovevo più ripetere le stesse azioni, anche se credevo di agire nel modo giusto.
“Edna! Finalmente ti ho trovata! Ti ho cercato dappertutto, iniziavo a preoccuparmi. Stanno per chiudere.”
Mi voltai ma la donna era sparita. Ah, questo Egitto, quanti misteri! Stavo però, catturandoli con grande entusiasmo. Che strano, chissà perché doveva succedere proprio a me.
“La nostra ricerca finisce qui.” Esclamò Edoardo. “Credo che quella donna non frequenti questo giardino. Hai visto, com’è bello? Ma Edna! Mi ascolti quando ti parlo? Sei ancora arrabbiata?”
“Non dovrei esserlo?”
Prima di giungere al cancello, Edoardo si fermò e prendendomi per mano mi confessò per la seconda volta il suo sentimento: “Edna, grazie a questo viaggio ho trascorso insieme con te giorni indimenticabili. Perdonami, ti prego.”
Infastidita dalle sue parole, feci cenno ad Edoardo di sbrigarci, stavano per chiudere il cancello. In quel momento, infatti, un uomo richiamava l’attenzione dei visitatori con un fischietto, poi gridava in arabo di affrettarci ad uscire.
Ritornammo in albergo. Ora mi sentivo più sicura. Le parole di quella donna continuavano a ronzarmi in testa. Il fatto di poter saltare da una realtà ad un’altra completamente diversa dalla nostra, mi turbava profondamente.
“Magari ritorneremo qui dopo la tua esposizione.” Mi disse Edoardo. “Cercherò anche di prendermi qualche giorno in più, così potremo cercarla con calma.”
Eravamo nell’ascensore che portava alle camere. Io continuavo a pensare alla donna misteriosa e al suo sguardo penetrante. Era come se riuscisse a scrutarmi fin nel profondo.
Il giorno dopo, giunti all’aeroporto, dovemmo aspettare per un lieve ritardo dell’aereo. Quella mattina, durante l’attesa fummo inizialmente, alquanto silenziosi. Le uniche parole che dissi, rivolgendomi ad Edoardo furono: “Io resto qui!”
Lui mi lanciò uno sguardo duro. Mi prese il braccio e me lo strinse forte:
“Che cosa? Tu vieni con me! Non ti lascio da sola.”
“Mi fai male! Non puoi obbligarmi a venire.”
“Edna, non essere ostinata...”
“Ormai ho deciso così!” Dissi con tono più che fermo.
“Tutta colpa di quel maledetto dipinto! Se Ettore non ti avesse raccontato di quel giardino e non ti avesse spinta a riprodurlo, non l’avremmo usato come indizio, e oggi non saremmo qui a cercarlo.”
“Edoardo! Che cosa ti prende?”
“Mi chiedi che cosa ho? Ragiona Edna! Non devi agire in modo così impulsivo. Sono solo molto preoccupato per te. Rifletti sulla tua decisione. Se non sbaglio, avevamo programmato la nostra partenza per oggi, e tu eri d’accordo.”
Scossi la testa negativamente, “...che cosa? Dimentichi che solo ieri ho saputo di quest’improvvisa partenza?”
“Allora non vuoi proprio cambiare idea, eh? Bene, vuol dire che verrò a prenderti fra qualche giorno e se non avrai trovato nulla, promettimi che ritorneremo insieme in Italia.”
Non dissi nulla. Poi mi supplicò: “Edna, ti prego...”
Mi ricordai del dialogo con quella donna. Non volevo sentirmi vincolata da una promessa. Il futuro è soprattutto questo: un’incognita.
“No! Non hai bisogno di venire. So cavarmela da sola, e Anna sa fare benissimo il suo mestiere, per questo l’ho assunta. Ti terrò informato, ora vai o perderai l’aereo.”
“Edna, cosa ti succede? Non ti riconosco più.”
“Infatti,” dissi “tu non sai nulla di me, ed io di te. Buon rientro in Italia.”
Si mise le mani fra i capelli. Sudava abbondantemente. Poi si alzò, prese la valigia, mi fissò per un attimo negli occhi senza dirmi nulla e se ne andò.


Fine


by Paola;-)


Questo racconto è stato selezionato e pubblicato nell'antologia "FANTASTIC-ZEN stories&hidtories"

Prefazione a cura della redazione del sito: www.edizionidiversasintonia.it/page003.htm
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