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L'artista eclettico ed innovatore,

che incarna in sé lo spirito di libertà individuale,

enfatizza l'essenza genuina e sfaccettata dell'universo.

(Paola Carrozzo)

Ogni colore che noi vediamo nasce dall’influenza del suo vicino. (Claude Monet)
 
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L’occhio e la mente di Matisse

Ultimo Aggiornamento: 03/07/2010 09:42
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Sesso: Maschile
03/07/2010 09:42

(...) Matisse ama la pittura di Renoir, incontra il grande Artista in Costa Azzurra, proprio nell’ultimo giorno del 1917. Ecco il ricordo di Matisse: “La sua vita era un martirio: soffriva da vent’anni delle peggiori forme di reumatismo, le giunture delle dita erano immense, callose, orribilmente distorte. E tuttavia egli dava ancora vita ai lavori più belli! Mentre il suo corpo si disfaceva, l’anima in lui sembrava diventare più forte ed esprimersi con una felicità sempre più radiosa”. Henri gli lascia le ultime opere appena realizzate a Nizza. E’ ansioso. Aspetta una risposta. Torna dal grande vecchio all’inizio del 1918, con altre tele.

Matisse ricorda con queste parole il nuovo incontro: ”Mi ricevette cordialmente, e io gli mostrai parecchi lavori, al fine di scoprire la sua opinione. Li guardò con una certa disapprovazione. Poi disse: “In tutta sincerità, non mi piace ciò che lei fa. Preferirei dirle che lei è un pessimo pittore. Ma c’è una cosa che mi trattiene: quando lei mette il nero sulla tela, funziona nella sua stesura. Per tutta la vita, ho pensato che non si può usarlo senza rompere l’unità cromatica della superficie. E’ un colore che ho abolito dalla mia tavolozza. Quanto a lei, usando un vocabolario colorato, lei introduce il nero, e “lo tiene”. Così, malgrado i miei sentimenti, penso che lei è con assoluta certezza un pittore”.

Non sbaglia, Renoir. L’occhio e la mente di Matisse galoppano. A Pasqua del 1918, l’anziano maestro rimarrebbe probabilmente interdetto, perché dalla finestra di uno degli alberghi dove Matisse soggiorna nasce uno dei capolavori più radiosi, appaganti, felici, rivoluzionari, della rappresentazione della natura nel XX secolo: La baia di Nizza. La struttura disegnativa dell’opera è falcata e paradisiaca come in Raffaello, forzata prospetticamente verso il primo piano in un fantasioso incastro di elissi, di quadrati, di rettangoli che, astrattizzati, porterebbero a un Mondrian sinfonico invece che dodecafonico. Ma dietro questa musica talmente dolce da risultare addirittura spasmodica, noi degustiamo vita, e realtà nella sua più alta essenza visiva, sostanziata di pura luce e puro colore.

L’immensa insenatura glauca della baia nel riflesso della primavera, il chiarore del lungomare, la freccia acuminata dei monti strisciati con il nero che ha detestato l’ammirazione di Renoir, e l’incredibile pulsazione ocra di un muro che beve tanta luce quanta ne porterà dentro, cinquant’anni dopo, un quadro di Mark Rothko, tutto ciò è risolto con due once di colore, un po’ d’olio e nulla più. (...)
Tratto da:”Il volto e l’anima della natura” di Flavio Caroli ediz. MONDADORI


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La baia di Nizza (1918) olio su tela 90 x 71 cm Collezione privata





Quando il guerriero è stanco o solitario, non sogna di donne e di uomini lontani:
cerca chi gli sta accanto, e condivide il suo dolore o il suo bisogno di affetto, con piacere e senza colpa.
Un guerriero sa che la stella più lontana dell'Universo si manifesta nelle cose che stanno intorno a lui.

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