Buon Natale e Felice Anno Nuovo 2013!

Annunci e Baratto online  

Link Amici Gemellaggi






L'artista eclettico ed innovatore,

che incarna in sé lo spirito di libertà individuale,

enfatizza l'essenza genuina e sfaccettata dell'universo.

(Paola Carrozzo)

 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

La feluca dei ricordi

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2010 21:12
Autore
Vota | Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 596
Sesso: Femminile
23/04/2010 21:12

La feluca dei ricordi


Dal finestrino dell’aereo sembrava che il Nilo, in quel punto dove si allargava quasi a formare un lago, avesse inghiottito il deserto per dare origine a minuscole isolette dimenticate dal tempo.
- L’Egitto è veramente un dono degli dèi, - esclamai in cuor mio. Raggiunta Assuan, alloggiai nell’albergo più vecchio della zona. Rinomato per la sua atmosfera di gran classe, era caratterizzato da un autentico stile coloniale antico. Il viale d’ingresso era a forma di ferro di cavallo e le sue finestre erano abbellite da antiche persiane di legno. La stanza era comoda e ben arredata. Faceva molto caldo, anche se era notte, non riuscivo a dormire. Andai, così, sul poggiolo per cercare refrigerio. Un venticello malizioso mi spostava da un lato i capelli e, accarezzandomi con dolci sensazioni, faceva sventolare la mia camicia da notte. Rimasi lì qualche minuto, poi, rientrai nella mia stanza e, in un attimo di profonda nostalgia, presi il quaderno di viaggio che mio padre da giovane antropologo, aveva scritto durante il suo soggiorno in questi luoghi. Le pagine erano ingiallite dal tempo. Iniziai, così, a leggere sottovoce:
‘Ad Assuan, la particolare luce solare e la calda quiete sono le caratteristiche peculiari del posto...’
L’indomani di buonora, dopo aver fatto colazione, andai al gran mercato. Era affollatissimo! Visitandolo mi trovai subito sommersa da un’infinità d’oggetti d’ogni genere e da odori e suoni che mi davano il capogiro. I profumi per donna erano tutti caratterizzati da una forte tonalità dolciastra. Un mondo con usanze molto diverse da quelle europee alle quali sono abituata. I loro dolci erano buonissimi e, benché fossero stracarichi di melassa da canna da zucchero, li assaggiai volentieri più volte. Rimasi colpita dal fatto che gli uomini usassero il Narghilè per fumare. Erano bellissimi e diversi uno dall’altro. Costruiti in vetro colorato, mostravano ad ogni aspirata di tabacco il ribollire dell’acqua filtrante in essi contenuta. Le loro lunghe e flessibili canne terminavano buffamente appoggiate agli angoli delle bocche dei fumatori seduti attorno ai tavolini dei bar, mentre discutevano con gli amici fra un sorso e l’altro di caffè. In quel momento mi ricordai, per associazione, ad una nota scritta da mio padre: ‘Purtroppo è loro pessima abitudine massaggiarsi le dita e la pianta dei piedi durante le lunghe chiacchierate al bar. Tengono le gambe accavallate, non portano calzini né scarpe con i lacci, ma indossano delle babbucce che sfilano dal piede ad ogni occasione.’
Quel giorno ebbi delle esperienze assai buffe con il loro tipico caffè. Avevo notato che lo preparavano in un pentolino di rame caratteristico. Era largo alla base e stretto nel collo con un lungo manico. Mettevano a bollire tutto insieme, acqua, caffè e tanto zucchero. Non appena montava, lo versavano nelle tazzine facendo tremare il polso per dosare la panna. Prima di sorseggiarlo si doveva, però, aspettare alcuni secondi per dare tempo alla polvere tostata di posarsi sul fondo della tazzina. Il profumo che emanava era così buono che decisi di assaggiarlo. Non essendo, però, abituata a quel lento rituale, lo degustai immediatamente, cosicché al primo sorso mi ritrovai con sconcerto, la bocca impastata con il fondo di caffè. In più, dovetti combattere contro un nugolo di mosche per allontanarle dal naso, dalla bocca e dagli occhi: un flagello continuo. Ad un certo punto, mi sentii osservata. Un turista mi stava guardando divertito.
- Sei molto buffa! - Mi disse ridendo.
- Però, anche lei ha il suo da fare a cacciarle, - ribattei.
- Dovremmo fare come la gente del luogo, usare lo scacciamosche per allontanarle.
- Anche in Europa lo si usa, - dissi con tono serioso.
- E’ uno strumento molto efficace, - continuò lui imperterrito.
- Questi, però, sono particolari, non sono di plastica. Guardi com’è lavorato il manico. Questo è in osso intarsiato e termina con una specie di piccola coda di cavallo. Guardi qui, sono bellissimi! Si avvicini. - Insistette lui con fare invadente.
Io continuai ad ammirare gli altri oggetti tipici del luogo fingendo di non averlo udito.
- Ora che ce l’ho in mano dovrò comprarlo, altrimenti questo venditore non mi lascerà tranquillo; mercanteggerò sul prezzo! - Disse lui alzando la voce, per farsi sentire da me.
Il turista le tentava tutte per agganciarmi, io ridacchiavo.
- Non lo trovo affatto divertente, signorina... questi mercanti sono furbi.
- Mi chiamo Eleonora!
- Molto lieto di conoscerla, io sono Umberto.
Lo guardai ancora una volta, poi lo salutai e mi allontanai. Ad un certo momento, sentii un leggero tocco alla spalla. Mi voltai e vidi una figura alta e magrissima. Era un uomo dalla pelle nera come il carbone, con un sorriso illuminato dal sole, ma che mostrava denti alquanto malandati. A quella vista, il turista, che nel frattempo non mi aveva perso d’occhio, si avvicinò e mi chiese se il beduino mi stesse procurando qualche problema.
- Va tutto bene, - risposi.
Ero incuriosita da quella figura nomade per niente timida e con gli occhi pieni di chissà quali esperienze. Il suo sguardo mi ricordò il Tuareg che mio padre aveva descritto in una delle pagine del diario: ‘...era coperto da pochi stracci. Mi offriva delle collane, dei coloratissimi foulard e dei ciondoli da regalare a Samira, la mia compagna di viaggio. Aveva anche delle fruste di pelle, tutte lavorate a mano. Ne ho comprato una. Nota: a cosa mai potrà servirmi una frusta?’
Ignorai per un momento le accattivanti collane, e presi in mano, incuriosita, uno di quei frustini. L’odore che emanava era forte ed acre, fatto di chissà quale pelle d’animale essiccata al sole. Il ricordo di mio padre mi sfiorò anche in quella circostanza, infatti, avevo letto nelle sue note: ‘...un'altra cosa che mi ha infastidito fino alla nausea, è l'odore di quel mercante arrivato dal lontano Sudan. Mi ha aggredito le narici, e lì è rimasto appiccicato per parecchio tempo. È simile a quello della frusta ma con in più la certezza che quel beduino, l’acqua per lavarsi, la usa molto di rado.’
In fondo, pensai, la cosa era abbastanza comprensibile, quell’uomo allampanato viaggiava a dorso di un dromedario spostandosi di continuo da un posto all’altro attraversando ampie zone desertiche. Quella poca acqua che riusciva a portarsi dietro, gli serviva solo per dissetare lui e il suo animale. Chiesi al beduino a che cosa serviva il frustino, e lui, in un italiano stentato, mi spiegò che era un oggetto indispensabile in quei posti, per condurre gli animali da soma.
‘A parte il dromedario utile per i lunghi viaggi, l’asino è il mezzo di trasporto preferito da questi indigeni. Un equino tutto fare, facile da accudire, poco costoso e poco ingombrante. Oggi, infatti, mi è capitato di assistere ad una simpaticissima gara d’asini. La cosa buffa è stata l'immagine d'insieme fra uomo e asino. L'uomo con indosso la Galabia, tipico abbigliamento arabo lungo fino ai piedi, in groppa all’asino che sgambettava freneticamente verso il traguardo. Quanti nitriti! Nota: Anche Samira guardava affascinata la corsa degli asini. Un quadro da dipingere!’
Ad un tratto, mi accadde una cosa strana. Vidi in lontananza il beduino del mercato. Era sul dromedario in partenza per chissà dove. Da fermo, lui guardava nella mia direzione. Poi con un gesto riverenziale posò la mano prima sul petto, poi sulla bocca ed infine sulla fronte e chinando lievemente il capo, mi salutò. La stessa identica cosa era successa anche a mio padre. Com’era possibile? La nota scritta nel quaderno di viaggio era questa: ‘Sono rimasto per un po’ a contemplarlo con l’impressione di sentire ancora quel suo odore acre. Quando poi il dromedario ha iniziato a muoversi nella sua lenta e ondeggiante andatura, inspiegabilmente, mi sono sentito frastornare dal suo bramito e da un assordante rumore, eppure erano così lontani! Sentivo rimbombare il tonfo dello zoccolo che sprofondava con tutto il suo peso nella sabbia. Quel suono era dentro la mia testa, ma non proveniva dalle mie orecchie.’
Un brivido attraversò il mio corpo e la pelle mi si accapponò visibilmente per l’inspiegabile fenomeno che stava accadendo anche a me.
- Tutto bene, Eleonora?
- Ah è ancora lei signor Umberto... - dissi frastornata.
- Bene! Vedo che ha comprato un souvenir, il frustino, ed io uno scacciamosche.
- Souvenir! - dissi ridendo di cuore.
Dopo aver ascoltato la mia storia, e del perché mi trovavo ad Assuan, Umberto si offrì ad accompagnarmi in questa mia avventura.
Risalimmo il Nilo con la Feluca. L’acqua limacciosa e torbida era esattamente com’era descritta in quelle pagine. Man mano che ci si avvicinava alla meta, il Nilo si restringeva permettendoci così di ammirare le sue favolose sponde che ad ogni metro cambiavano aspetto e colore. Mi sembrava navigare tra le righe del racconto di mio padre.

Paola Carrozzo

[SM=g2124595]


Anche sul sito: www.tifeoweb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1093:la-feluca-dei-ricordi&catid=39:poesie-e-racconti&It...
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 12:24. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com
   
motori ricerca