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19/01/2011 15:26 | |
Quella che i primi caravaggeschi chiamavano “la pittura del naturale”, nasce nella seconda metà del XVI secolo. L’odierna definizione di “natura morta” appartiene alle seconda metà del ‘700 ed è il termine con il quale viene chiamata la rappresentazione di oggetti inanimati. In queste pitture si cerca di affermare la presenza di una vita interiore alle cose, e per questo i frutti vengono spesso sezionati per poterne mostrare l’interno. Illustrare l’aspetto visivo di oggetti privi di vita spinge l’artista ad approfondire l’indagine della loro essenza interiore: il pittore scopre così una vitalità immobile ma pregnante che ne giustifica, anzi ne esige, la presenza nel mondo degli uomini. Dal punto di vista tecnico, la possibilità di osservare con attenzione l’effetto della luce su oggetti composti ed immobili permette un approfondimento sulle qualità luministiche della materia e sulle valenze cromatiche delle composizioni.
L’opera che viene considerata capostipite del genere è il “Canestro di frutta” di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio: per la prima volta diviene protagonista dell’opera una cesta ricolma di frutti comuni e appena colti, come dimostra la presenza delle foglie. Quest’opera presenta qualcosa di irrequieto: lo sfondo è infatti luminoso e solare, ma il cesto è posto in bilico sull’orlo del tavolo. Gli acini appassiti e la mela bacata ci danno prova dell’esistenza della dimensione temporale, del mistero e quindi dell’ineluttabilità della condizione umana: il naturale, così vero e reale, ci porta quindi a riflettere sul suo opposto, il sovrannaturale.
by Elena
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