Se Rinaldo è un personaggio famoso dell'epica medievale francese, le cui avventure sono riprese e ampliate da Pulci, Boiardo e Ariosto, Armida rappresenta invece una invenzione poetica di Torquato Tasso, che dapprima affascina e in conclusione commuove. Dell'avvenente maga pagana l'autore si serve infatti abilmente per giustificare una passione sensuale del cristianissimo capostipite degli Estensi, che risulta essere appieno scusabile, in quanto si pone in una condizione di follia amorosa determinatasi ad opera di diaboliche arti magiche. Rinaldo, già liberatore di molti compagni sedotti dall'incantatrice, non può, a sua volta, sottrarsi dall'ammaliante corteggiamento di Armida, che lo tiene imprigionato tra le delizie del suo palazzo e le piacevolezze del suo giardino, nelle isole Fortunate.
Di certo ispirandosi all'illustre precedente dell'orto di delizie di Alcinoo (Odissea, libro VII), il canto XVI della Gerusalemme Liberata sviluppa pertanto uno dei topoi più ricorrenti della cultura classica, quello del locus amoenus. L'incantesimo del luogo è tuttavia tradito dalle labirintiche strutture delle sue logge, che fanno di esso un vero e proprio hortus conclusus e rendono ingannevole ogni percorso. Peraltro il giardino sembra essere un artificio meraviglioso che la natura ha prodotto, "scherzando", ad imitazione dell'arte: Tasso ribadisce dunque, con dicitura rovesciata, una delle nozioni fondamentali dell'estetica antica che contemplava un'arte ad imitazione della natura.
Splendida interpretazione pittorica dei due del Tiepolo