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31/08/2010 22:48 | |
Rinaldo nel giardino di Armida, 1745 circa La storia di Armida e Rinaldo ha avuto il suo massimo interprete figurativo in Giambattista Tiepolo. Il grande maestro veneziano è tornato più volte sul poema del Tasso e ha approfondito i diversi momenti, cogliendo con grande sensibilità lo sviluppo psicologico fra i due protagonisti, ma senza dimenticare l'evocazione di un contesto ambientale affascinante. OLtre a varie tele isolate, Tiepolo ha dipanato la storia dell'incantesimo d'amore in due complessi pittorici: il ciclo di affrschi della Villa Valmarana, e un gruppo di quattro tele, eseguito intorno al 1745 per i Serbelloni, conservata e oggi integralmente all'Art Institute de Chicago.
La storia di Armida e Rinaldo in breve
Le potenze infernali cercano sempre nuovi espedienti per sottrarre dalla battaglia i più valorosi conduttieri cristiani. La maga Armida prepara un potente sortilegio, grazie al quale sedurrà Rinaldo, ne farà il suo amante, e lo tratterrà su un'isola incantata. Durante la preparazione della magia qualcosa va però storto. Armida rimane poco a poco vittima della sua stessa magia e scopre di avere un cuore tenero, che inizia a palpitare per Rinaldo. Grazie al serto floreale incantato e a uno specchio magico, Rinaldo dimentica la battaglia e l'assedio e trascorre un periodo d'amore e di pace sull'isola di Armida, ricambiato dalla bella maga. L'idillio fra i due manti viene spezzato dall'arrivo di due crociati che, dopo un lungo girovagare, scoprono Rinaldo e Armida teneramente abbracciati. Uno dei due coinvince Rinaldo a guardarsi riflesso in un lucido specchio: Rinaldo vede un'immagine molle, effeminata e si risveglia bruscamente dal sogno. Sèezza la ghirlanda di fiori che lo teneva avvinto come una profumata catena, e abandona la bella incantatrice. Sulla riva, mentre Rinaldo sta per salire sulla barca che lo riporterà all'accampamento, avvienela scena madre. Rinaldo indugia per un attimo, e Armida riesce a raggiungerlo.
"Allor ristette il cavaliero: ed ella sovragiunse anelante e lagrimosa; dolente sì che nulla più, ma bella altrettanto però, quanto dogliosa. Lui guarda, e in lui s'affisa, e non favella: o che sdegna, o che pensa, o che non osa. Ei lei non mira; e, se pur mira, il guardo furtivo volge e vergognoso e tardo" (XVI canto, dalla "Gerusalemme Liberata")
[Modificato da Paola7325 31/08/2010 22:49] |
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